PROFESSIONE WEB REPORTER: I PRIMI FINALISTI

 Il nostro Contest di Giornalismo, dedicato alla ricerca di un aspirante reporter web sta per volgere al termine. Ancora poche ore per partecipare e pochi giorni per farsi votare!

Vi presentiamo nell’attesa i primi finalisti, che accedono alla seconda e conclusiva fase di selezione, avendo già accumulato i “like” necessari!
Congratulazioni! Ecco i loro articoli!
 
 
 

CAOS NEL PD, IL SINDACO DI SPOLETO BENEDETTI: “IL TRIBUNALE LOCALE NON SI TOCCA”

di Filippo Partenzi – 46 like

SPOLETO – È scontro frontale nel Pd sul possibile nuovo riordino dei tribunali italiani. Il pacchetto di modifiche presentato dal capogruppo della commissione Giustizia alla Camera Walter Verini insieme alla senatrice Nadia Ginetti, sostenuta anche dal segretario regionale Lamberto Bottini, per salvare i centri “tagliati” con la recente riforma non va giù al sindaco di Spoleto Daniele Benedetti.

«Non condivido in nessun modo questa proposta – ha affermato – dal momento che sconvolgerebbe un assetto già approvato che, di fatto, assegna al Tribunale di Spoleto un ruolo chiave per la fascia centrale dell’Umbria». Il Comune si è quindi dichiarato pronto a scendere in campo per evitare che le modifiche vengano approvate. «Con le forze politiche e l’Ordine degli avvocati del territorio – ha affermato – siamo riusciti ad evitare ogni ipotesi di ridimensionamento e a mettere a disposizione della Giustizia una sistemazione logistica importante, nel centro storico della città, quindi non posso essere d’accordo con Verini e Ginetti».

Se in precedenza erano state le associazioni di categoria a chiedere l’intervento del Comune, ora è proprio Benedetti a tendere la mano ai commercianti e ai cittadini. Rivolgendosi anche ad esponenti del suo partito fin qui sonnacchiosi. «Faccio un appello alla città e ai suoi rappresentanti politici regionali e nazionali perché ci seguano su questa strada e si esprimano senza tentennamenti».  

 


  

SI SPENGONO LE LUCI AL SAN MAMÉS: COSÍ MUORE UNA “CATEDRAL” Lo stadio centenario, come Wembley e il Maracanã, lascerà spazio al nuovo impianto in costruzione

di Stefano Rosso

Sono stati 100 secondi di applausi, uno per ogni anno di storia, a salutare l’uscita di scena dello stadio San Mamés di Bilbao. Un commiato triste, acuito anche dall’ultima sconfitta dell’Athletic contro il Levante, che condannerà La Catedral del calcio spagnolo a venire profanata dalle ruspe, già parcheggiate nei dintorni come avvoltoi in attesa della loro preda e pronte a demolirlo per fare spazio al nuovo che avanza. ACCANTO A WEMBLEY E MARACANÃ. Una sola strada, quella che un tempo portava al parcheggio, separa il vecchio impianto da quello nuovo, il cui scheletro già svetta impavido: le ali di cemento e acciaio – nel rispetto dei più rigorosi canoni dell’architettura contemporanea – giacciono aperte, come una grossa bocca pronta ad inghiottire il passato. Dopo Wembley e Maracanã, un’altra leggenda della storia del calcio cede il passo ai tempi che corrono. UNA CATEDRAL LEGGENDARIA. Si narrano tante storie sul vecchio San Mamés, unico stadio aver ospitato ogni edizione della Liga spagnola, ma tra tutte una in particolare merita di essere tramandata. Costruito nel lontano 1913 l’impianto si è guadagnato negli anni il soprannome La Catedral per il grande prestigio raccolto nei 100 anni di attività: con quasi 40.000 posti – un’enormità per l’epoca – a strapiombo sul terreno di gioco, il San Mamés è sempre stato un luogo carico di pressione e tensione emotiva. Dai suoi spalti boati e silenzio, elegio ed approvazione hanno giudicato un secolo di calcio spagnolo e, forse, non è un caso che l’Athletic de Bilbao non sia mai incappato in retrocessioni, difendendo sempre il suo tempio in Primera División.

L’ARCO DELLA CONTINUITÀ. Al triplice fischio finale dell’ultima partita ospitata, col rientro delle squadre negli spogliatoi, si sono anche spenti i riflettori dello stadio per l’ultima volta. Il pubblico è defluito in silenzio, sfilando davanti al nuovo San Manés che li attendeva appena fuori dai cancelli. Presto divorerà l’ultima lingua di asfalto che lo separa dal vecchio ed andrà fisicamente a sostituire quella che fu la tribuna autorità con la propria curva sud, senza lasciare spazi ai ricordi. Ad onor del vero verrà conservato l’arco, che svetta sulla copertura dello stadio dal 1953: smontato e custodito minuziosamente, rimarrà l’ultimo ricordo de La Catedral che fu.   nostro inviato a Bilbao, Stefano Rosso

 


SICILIA SOTTERRANEA: L’ISOLA DEI MILLE MISTERI

di Stefania A. Cambule – 75 like

Un’angusta cripta rinvenuta casualmente sotto un convento dismesso, e, al suo interno, brandelli di vita di donne vissute secoli fa. Prostitute che, a un certo punto della loro esistenza, avevano deciso di convertirsi alla vita monastica. Non è la trama di un romanzo partorito dall’abile penna di Camilleri, ma l’affascinante quanto macabro spettacolo rivelatosi nel 2005 agli occhi di alcuni operai, i quali si accingevano a svolgere dei lavori di ristrutturazione nell’ex convento di Santa Maria delle Grazie di Palermo, in via Divisi 81. Nel capoluogo siciliano del XVIII secolo, infatti, un gran numero di cortigiane, dopo la conversione, venivano mantenute dalle altre che ancora svolgevano il mestiere, mediante il pagamento di una tassa versata al Senato cittadino, che concedeva in cambio indumenti conformi alle donne “rette”, denominate “Repentite”. All’interno della sepoltura sono ancora presenti un altare, utilizzato per le funzioni religiose, la tomba della Madre Badessa, e i alcuni impianti funerari. Dopo la dipartita, infatti, i corpi esanimi delle monache subivano un vero e proprio processo di mummificazione, ottenuta tramite l’utilizzo dei “colatoi”, sui quali veniva steso il corpo: si trattava di strutture solitamente costruite lungo le pareti laterali delle cripte, dove, grazie a una discreta aerazione e al clima favorevole, il corpo si disfaceva nel giro di qualche mese, a volte un anno o poco più. Ciò che colpisce maggiormente, però,  è l’enigmatica vicenda della Madre Badessa, al secolo Donna Maria Squatrito, che, secondo un’iscrizione ritrovata all’interno della cripta, morì nel 1782 a 76 anni. Di lei, peccatrice redenta, sono rimaste solo una ciocca di capelli e due ampolle di vetro; queste ultime avevano all’interno delle piccole pergamene, grazie alle quali è stato possibile apprendere alcune importanti notizie

riguardo la vita della donna.

La piccola Rosalia Lombardo[/caption] La storia delle “Repentitesi inserisce all’interno di un contesto storico, religioso e culturale più ampio, che valica il circuito isolano, dove tuttavia la Sicilia assume senza dubbio un ruolo centrale: basti pensare al giacimento di mummie delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, dove sono custoditi ben 3000 corpi, fra i quali quello della piccola Rosalia Lombardo, la “Bella Addormentata” che attira nel capoluogo siciliano milioni di persone da tutto il mondo. Le storie di Palermo hanno tutte il sapore del mistero, e la città è come un libro dalle mille pagine, molte delle quali devono ancora essere lette.  

 


 

DIRITTI LGBTQI: LA FRANCIA DICE “OUI”, L’ITALIA PASSA IL TURNO. E VIENE BOCCIATA.

di Costanza Giannelli – 83 like

Montpellier. Vincent e Bruno sono la prima coppia omosessuale ad unirsi legalmente in matrimonio sul suolo francese. Tra gesti estremi, contestazioni e fumogeniIls ont dit oui” e il governo del socialista Hollande ha realizzato una delle sue grandi promesse elettorali.

Mentre gli sposini di Francia si scambiano il primo bacio come marito e marito e al di là della Manica anche il Parlamento britannico si appresta a equiparare tutti i matrimoni, l’Italia si classifica tra le peggiori nazioni europee (la peggiore, nell’Europa “che conta”) in tema di diritti LGBTQI, secondo l’Ilga (International Gay and Lesbian Association )Europe Rainbow Map – May 2013. Nell’analisi sul trattamento politico e giuridico riservato a omosessuali, bisessuali, lesbiche e transgender, il Belpaese totalizza un misero 19%, collocandosi pericolosamente nella parte bassa della classifica, troppo vicino allo zero (“violazione dei diritti umani”) in compagnia di ben poco meritori compagni. In Italia i diritti civili, sfruttati in campagna elettorale per accaparrarsi il “voto gay” (ovviamente senza promettere troppo, altrimenti chi li sente i cattolici?) e subito dimenticati, faticano ad affermarsi.

Le dichiarazioni antiomosessuali dei politici (rigorosamente bipartisan, l’omofobia non conosce colore politico), gli strafalcioni dei “vip” (indimenticabili i calciatori), le discriminazioni sul posto di lavoro e persino la quotidianità (quanti non utilizzano “finocchio”, “frocio” e affini, anche come offesa bonaria?) disegnano l’immagine di un Paese in cui c’è ancora molta strada da fare, ben oltre il contesto politico e legislativo. “Io non sono omofobo, MA…”; “Io non ho nulla contro i gay, MA…”. Ecco, forse, è in quel “MA” la chiave che non permette all’Italia di essere un paese più uguale, più giusto. Se è il Parlamento a dover fare il primo grande salto, portandoci al passo con le altre democrazie internazionali, il cambiamento spetta a tutti noi. Senza se e senza ma.


 

LOST GENERATION

di Roberto Petruzzellis – 70 like

Un dato allarmante. Una vera e propria piaga sociale. Secondo gli ultimi rilevamenti Eurostat (l’ufficio di statistica dell’UE) la disoccupazione giovanile nella zona euro ha toccato quota 23,5%. Un esercito di 3 milioni e 314mila giovani senza una occupazione. “Lost Generation”. Una generazione perduta. Un dato comune soprattutto ai paesi del Mediterraneo d’Europa, i cosiddetti Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) che sta infiammando le piazze dell’intero continente tanto da costringere i leader europei a mettere la “scottante” questione al primo posto della loro agenda di Governo a Bruxelles il prossimo Giugno. Rassegnati, disillusi, privi di prospettive future, costretti a subire un destino scritto da altri, la “Lost Generation” europea è lo specchio della crisi economica dell’intero Occidente. Una vera e propria bomba sociale in grado di far saltare per aria il “sogno europeo” di costruire un Europa unita, prospera e in pace.  

 

SE FOSSE… UN PERCORSO TRA COLORI, ODORI E TRADIZIONI

di Giorgio Galluzzo – 148 like

Per avere il tutto, si sa, anche il minimo dettaglio è essenziale e necessario perché quel tutto“esista” e “sussista”. È un’idea, questa, costante nel corso della storia dell’umanità, dalla pellicce dell’uomo sapiens, al cannocchiale di Galileo, dalla macchina a vapore al computer: il risultato finale, dunque, è la somma di mille particolari e sfumature. Mi soffermerò, dunque, su piccoli elementi, in realtà fondamentali, che contribuiscono ad identificare il quid che solo alla fine del testo sarà svelato, invitando, pertanto, tutti quelli che Manzoni definirebbe “i miei venticinque lettori” (non sono necessari 25 like?) a non scorrere il mouse verso il basso per conoscere immediatamente la risposta. Se si potesse identificare in un colore, il nostro quid sarebbe il giallo oro, quello brillante, accesso, una cascata di luce, elegante ma al contempo accessibile a tutti, un giallo che fa sentire ricco chiunque.

 

Se si potesse identificare in una pianta, sarebbe il giunco, semplice ma tanto opulento, grazie ad esso si manifesta l’amore per la terra con l’incessante lavoro di mani che intrecciano fili per plasmare ceste di paglia; con il giunco il lavoro di donne e uomini di tutte le età, sotto il sole bruciante, viene gratificato, adagiando frutti di ogni tipo e ortaggi dai mille colori.  Se fosse un sapore, sarebbe quello del “Quarta”, sì il caffè Quarta, inconfondibile per il suo aroma delicato ma allo stesso tempo deciso, che dona  attimi di piacere e rilassatezza. Se fosse identificabile con un odore, sarebbe quello aspro e forte degli ulivi, emblema della terra e sinonimo di ricchezza: grazie ad essi un “oceano di olive” viene raccolto ogni anno, producendo un olio conosciuto, ormai, in tutto il mondo. Se fosse un materiale sarebbe quello del tufo, grazie al quale, anticamente, fu possibile edificare masserie,  così fascinose ma allo stesso tempo così caratteristiche da contraddistinguere il quid oggetto del nostro identikit e che sempre più si trasforma in un ubi, un luogo geografico, ma anche letterario. Ebbene se il nostro posto fosse identificabile con un oggetto sarebbe un tamburello, strumento inconfondibile della più originale e caratteristica forma d’arte: la pizzica. È chiaro a tutti, dunque, a chi, o meglio  a cosa mi stia riferendo: il “tacco” dello Stivale, il topos della Storia e dell’incontro di mille civiltà, in cui cultura e ricchezza, unita alla semplicità e allo stretto legame con la terra, trovano le proprie radici. Una Regione tanto cara a Virgilio e a Cicerone, ai Romani e ai Greci, e da alcuni anni tanto ambita da famosi registi e noti sceneggiatori: la Puglia.

 



 

 


  

DICIAMO NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

di Elisa Carriero – 41 like

“Chi la vuole per una notte, c’è chi invece la prende a botte”

Così cantava Mia Martini nel branoDonna del 1989, eppure questi versi risultano ancora così attuali. Oggi i notiziari riportano notizie di violenze sulle donne, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Donne vittime dei loro mariti, dei fidanzati, dei padri, dei fratelli e anche di perfetti sconosciuti; donne che non riescono a trovare la forza di ribellarsi e che sono destinate a soccombere; non solo donne adulte, ma anche ragazzine, come l’ultima, Fabiana Luzzi, 16 anni, accoltellata e bruciata viva dal suo fidanzatino, anche lui 16enne. Alcune donne riescono a sopravvivere, ma dentro (e spesso anche fuori) portano i segni della violenza: come le donne sfigurate dall’acido o le vittime dell’infibulazione in Africa o ancora quelle bruciate vive perché considerate streghe. Ma ci sono anche tanti esempi positivi di donne che sono riuscite ad essere libere e a riconquistare la loro dignità: pensiamo alla Femen tunisina Amina Tyler che ha rischiato la lapidazione per essersi mostrata a seno scoperto su Facebook con il messaggio “Al diavolo la vostra morale” o a quelle 3 ragazzine americane di Cleveland che, dopo 10 anni di prigionia, sono riuscite a fuggire dalla casa in cui il loro rapitore le ha tenute nascoste, abusando di loro sessualmente. Sarà anche un mondo di uomini, ma esso non sarebbe nulla senza una donna che se ne prende cura.

(“This is a man’s world, but it would be nothing without a woman to care” J.Brown)

 

 


 

L’AMORE CHE UCCIDE

di Roberta Magliocca – 173 like

Antonella, 21 anni. Fabiola, 45 anni. Stefania, 39 anni. Daniela, 8 anni. Sono solo alcune delle 121 donne uccise solo nel 2012. Un numero impressionante, soprattutto se si pensa che sono donne uccise da uomini che non solo le conoscevano, ma che un giorno le avevano giurato amore. Sono padri, mariti, fidanzati, amanti. Tutti protagonisti di un sentimento malato che non riesce ad accettare la parola “fine”.Cosa scatta nella mente di chi amiamo per portarlo a questo folle gesto? Non si è ancora ben capito. Follia, dicono. Perdita di lucidità, forse. Amore malato, sicuramente. Non so. Resta il fatto che se quella donna che tanto amano, non può essere loro, allora, non sarà di nessun altro. E con lei, anche il mondo che le appartiene deve finire. Ed ecco che muoiono suocere, cognate, nuovi compagni, addirittura gli stessi propri figli. Si può, allora, ancora parlare di AMORE? L’amore non dovrebbe essere un augurarsi la felicità dell’altra persona, anche se questo significa vederla lontana da noi? Non sarebbe più giusto chiamarla OSSESSIONE? Ma soprattutto, cosa scatta nella mente di un prete che arriva ad affermare che le donne forse, quel destino amaro e crudele, un po’ se lo vanno a cercare? Se il suddetto sacerdote invita noi donne a fare autocritica, lo stesso invito noi rivolgiamo a lui. Lungi da me farne un discorso di religione. La violenza sulle donne è un discorso a-religioso e a-politico. Si dovrebbe parlare, piuttosto, di umanità. E una donna uccisa ogni due giorni è una statistica disumana.E ricordo ancora quando mio nonno diceva: “Le donne non si toccano nemmeno con un fiore”. Ora, gli unici fiori sono quelli che troneggiano sulle lapidi di donne che per amore hanno dato tutto. Anche la vita.

 


LA REPUBBLICA DEI NEET: QUANDO IL NON LAVORO STANCA


di
 Raffaella Gargiulo

 

 

Siamo all’alba della III Repubblica, la crisi economica avanza e in un futuro non troppo lontano i libri di storia racconteranno quel che stiamo vivendo, non potendo tralasciare il capitolo NeetNot in Education or in Employiment Training. Una generazione fatta di “non”: non studiano, non lavorano. Sono i 2 milioni di giovani italiani tra i 15 e i 30 anni. Ragazzi sfiduciati, demoralizzati e fermi. Ma non solo. Un esercito di menti brillanti, con idee innovative, capaci di progetti audaci, ragazzi che hanno sudato sui libri e assistito per più di una volta alla faccia cattiva del mondo del lavoro. Confusi, storditi e perduti. Sino a ieri simbolo d’eccellenza del progresso, oggi risorse sprecate. Vivono all’ombra delle loro famiglie, godono di qualche lavoretto saltuario e non dipende da loro. Non si chiamano “bamboccioni” né “sfigati”si chiamano Neet e senza possibilità di scelta stanno rinunciando alla “monotonia” del posto fisso, alla pensione a un futuro. Una generazione bersaglio di battute impopolari e senza fondamento, vittime di un mercato del lavoro chiuso, di un debito pubblico devastante e di un sistema pensionistico fallimentare. E’ l’Italia a escluderli, quell’articolo 1 della Cost. a non essere garantito, la rassegnazione a imprigionarli in uno stato di fermo mentale e produttivo. Questa situazione è lo specchio amplificato della condizione generale del Paese. Un’Italia che perde pezzi e gioca male le sue carte più preziose. I giovani, intanto, possono solo sperare di non “invecchiare” troppo in fretta.

 

 

 

 

 


 

IL 61° RADUNO BERSAGLIERI, SALERNO SI VESTE COL TRICOLORE

di Alessandra Vignes – 127 Like

Ad una settimana di distanza dal 61° raduno dei Bersaglieri, tenutosi a Salerno dal 13 al 19 maggio 2013, all’amministrazione locale resta solo da tirare le somme di questa nuova e patriottica iniziativa.In questa settimana abbiamo visto, specialmente nel week end, strade e piazze invasi dal tricolore nazionale, venditori ambulanti di bandiere, flotte di bersaglieri con i loro familiari in giro per la città, tanti curiosi accorsi dalla provincia e comuni limitrofi per assistere alla parata di chiusura di domenica.Il Sindaco, Vincenzo De Luca, si ritiene soddisfatto dell’ evento, quasi ventimila Bersaglieri in giro per la città, non è cosa che si vede tutti i giorni, parla di pienone negli alberghi e nei ristoranti, ringrazia i tantissimi volontari che hanno aiutato durante gli ultimi giorni del raduno a garantire la sicurezza pubblica dei cittadini e degli ospiti. Tutto ciò farebbe ben sperate per l’ economia turistica del Comune di Salerno, invece, a quanto raccontano i negozianti del centro cittadino e i passanti, sono stati ben pochi i “turisti piumati” che hanno acquistato nei negozi della città. Un enorme giostra che si è mossa mesi prima, fra propaganda televisiva dell’evento, allestimenti di palchi in diverse piazze della città e agevolazioni in molte strutture per chi appartenesse al corpo Bersaglieri. Invece, salvo per albergatori e il settore ristorazione, alla città, ha portato solo qualche disagio alla mobilità nei giorni di sabato e domenica e un leggero spirito di patriottismo fra gli abitanti di Salerno, i quali, si stanno ancora chiedendo come abbia fatto la città ad ospitare in soli due giorni il gran numero di bersaglieri annunciato dalle autorità locali.


 

IL DISASTRO DELLA TORRE DEL PORTO DI GENOVA: PERCHE’ IL CROLLO NON ERA PREVEDIBILE

di Marzia Vaccino – 68 Like

Restano sconosciute le cause per le quali la nave “Jolly Rosso” è collisa contro il molo Giano, lo scorso sette maggio, causando la dipartita di sei ufficiali della Guardia Costiera, del pilota del porto di Genova e di due operatori radio. Apparecchiature come l’AIS avrebbero potuto dare un preavviso sul disastro imminente? Risponde il Capitano di Fregata Roberto D’Arrigo alla Direzione Marittima della Sicilia orientale: «L’AIS invia ad un server i dati inerenti alle rotte delle navi ma è un sistema che non viene usato per il controllo del traffico marittimo. E’ possibile che qualcuno si sia accorto prima del pericolo, ma possono innescarsi reazioni a catena imprevedibili». Perché le vittime non hanno avuto il tempo di scendere dalla torre? Il Capitano di Fregata Pietro Ricci della Sala Operativa della Guardia Costiera di Catania, spiega: «Nel caso di Genova l’AIS non poteva prevedere il sinistro perchè la nave era al di sotto della torre e i radar non captano i segnali inviati da zone sottostanti all’antenna. L’AIS invia pacchetti di dati con uno scarto di un paio di minuti: nel caso di Genova si è trattato di tempi di reazione verificatisi nell’ordine dei decimi di secondo».

Il video del crollo:http://www.cronacalive.it/tragedia-genova-il-crollo-in-diretta-della-torre-del-porto/

I funerali delle vittime: https://www.youtube.com/watch?v=bRQRW3EaY2c

 


 

UNIVERSITÀ NOME IN CODICE “STUDENTI FUORISEDE”

di Francesca Ceccarelli – 88 Like

Nonostante la crisi occupazionale sono tanti i giovani che decidono di continuare gli studi

Il liceo finisce e qual è lo step immediatamente successivo? Decidere del proprio futuro. Tra le varianti la più quotata resta la carriera universitaria. Non sempre il luogo dove si abita è a portata di Ateneo e allora ecco la scelta di diventare studenti fuori sede che, trai pianti della mamma e le raccomandazioni dei nonni, si mettono zaino in spalla alla volta delle grandi città.

Roma, Milano, Napoli o Torino: sono queste di solito le mete più ambite, nonostante i prezzi di mantenimento davvero da capogiro.  La prima difficoltà è quella della ricerca spasmodica di un posto letto: in soccorso delle matricole ci sono però da diversi anni siti web ad hoc come Kijiji o Bakeka,  validi strumenti di ricerca nella miriade di annunci sparsi qua e là per le università. Ma non finisce qui: una volta preso possesso di una casa c’è da gestire l avita quotidiana che è tutt’altro che semplice. Lontani dalle accortezze bisogna prendere subito confidenza con le cene in comune, i turni delle pulizie o gli orari delle lezioni.

Si tratta di primi approcci all’indipendenza per migliaia di giovani che da anni decidono di coprirsi del prestigioso titolo di “Studente fuori sede”. Con tanti buoni auspici di mamma e papà, un fuori sede ad hoc passa le sue giornate tra un libro di chimica e una vaschetta di gelato del discount, attento a lesinare anche l’ultimo spiccio per potersi permettere una birretta in compagnia nel weekend.  

 


  LE MEMORIE DI UNA VOLTA

di
 Marco Squarcia – 36 Like

  

 

Avete mai intervistato vostro nonno?
Avete mai provato l’emozione di sentire dalla sua voce, come viveva? Quali difficoltà aveva? Com’era la guerra?
Alcune persone lo fanno e il loro obiettivo non è fare soldi, bensì non far morire la memoria. Questa vive solo, nella testa di chi l’ha vissuta. I libri possono parlare all’infinito, ma la voce è un qualcosa che rimane. Gli occhi che lacrimano mentre narrano un aneddoto triste o sconvolgente, parole sussurrate o voce tremolante, fanno il resto. Altri invece restano impassibili, sia agli eventi belli e alla vita che scorreva felice e senza preoccupazioni, sia a quelli brutti, che magari hanno segnato il loro avvenire. Molti di loro ricordano amici o parenti, che ora non ci sono più e lo fanno sempre col sorriso sulle labbra.
Allora perché noi perdiamo tempo e ci affanniamo correndo a destra e a manca, cercando magari il nostro passato, quando invece lo abbiamo lì, a portata di orecchio?
 

GLI ANZIANI RACCONTANO


 

 


 

Belfast tra passato e presente, una capitale da visitare

di Matteo Ciofi – 57 Like

 

Due ore e poco più di treno e da Dublino si raggiunge Belfast. Altra nazione, altra capitale europea, ma soprattutto una terra che appartiene al Regno Unito. Nemmeno duecento kilometri ma si capisce facilmente di essere arrivati in un posto diverso, con una storia recente alle spalle fatta di conflitti e sangue per affermare la propria identità e spesso la supremazia sugli altri.

 

Tralasciando il focolaio balcanico, Belfast è l’unica capitale del vecchio continente ad aver avuto un passato così complicato e ricco di scontri. Lealisti contro unionisti, protestanti contro cattolici, un duello che è scoppiato del tutto alla fine degli anni Sessanta e che si è protratto sino ad un decennio fa.

 

Un periodo ribattezzato Troubles, una pagina nera per l’Europa e per chi ha perso familiari o conoscenti in attentati drammatici marchiati da quel fanatismo religioso e politico che continua a mietere vittime anche nel nuovo millennio in giro per il mondo.

 

Belfast è una città diversa dalle altre per le sue due anime e per quel concetto di fede che trovi ovunque, in ogni via, una chiesa o una congregazione, un mondo che scorre parallelo alla vita di un luogo che ha ripreso ad aprirsi.

 

Anche per questo non è difficile poter scambiare due battute con la gente del posto, sempre disponibile a parlare e a raccontare. Nessuno infatti nasconde quelle ferite che appartengono ai cittadini sempre fieri delle loro radici.

 

La City Hall domina il centro città, mentre la Cattedrale di Sant’Anna si erge e spicca così come il Clock Tower. A nord est non si può non vedere il quartiere dedicato al Titanic, il più celebre transatlantico del mondo costruito proprio nei cantieri Harland and Wolff della capitale nordirlandese.

 

Un pezzo di storia del novecento, così come l’Ulster Museum che ripercorre l’ultimo secolo della nazione, uno dei pochi posti in Gran Bretagna in cui l’accesso è sempre gratuito.

 

Sull’altro versante della città, si scopre un mondo originale e curioso, ma allo stesso tempo intriso di storia: la parte ovest di Belfast è infatti quella caratterizzata dai celebri murales, opere d’arte uniche, un grande museo a cielo aperto.

Già da Shankill Parade si possono scorgere i primi capolavori, una casa su sette offre un colpo d’occhio invidiabile, una semplice parete diventa infatti lo spazio per immortalare qualcosa sempre a sfondo politico-religioso. È questa infatti la parte protestante, non mancano le Union Jack appese ai pali della luce, così come le immagini della Regina Elisabetta. I temi dei murales vogliono colpire duro, non bisogna spaventarsi se le figure ritratte sono quelle di soldati mascherati o militari che impugnano fucili. 

 

 

Basta percorrere Lanark Way e si arriva dall’altra parte: bandiere dell’Irlanda, croci, verde, il quartiere più cattolico della città dove i murales raccontano altre storie come quella di Bobby Sands, morto in prigione in seguito ad uno sciopero della fame per protestare contro il trattamento ricevuto dai detenuti repubblicani. Springfield Road e Falls Road regalano altri murales più vicini ai diritti civili e ad un mondo più giusto, ma ogni stradina può svelare qualcosa di inatteso.

Piccola, fredda ed umida, Belfast non sarà la metà dei sogni o la destinazione per un viaggio divertente, ma di certo rimane un luogo da visitare e scoprire, perché in pochi altri angoli di Europa si possono avvertire sensazioni così contrastanti.

  


SICILIA: TRA ARTE, CULTURA E “DISCARICHE”

di Marilena Priolo – 30 Like

Un’amministrazione mancante, un comune prosciolto, una raccolta inesistente ed una, due, tre, infinite montagne di rifiuti che affollano buona parte delle città sicule: ante di armadi e lavatrici in disuso abbandonate dovunque, carte e cartoni, bottiglie, materassi e cibo rovinato. Sobborghi carichi di cultura e storia deturpati da rifiuti ingombranti e dimenticati; patrimoni smisurati e di una bellezza inesplicabile danneggiati da un odore fastidioso ed eccessivo di quel cibo scaduto che perdura da giorni in ogni vicolo tra i comuni di Mascali e Giarre; inondati da un senso di disordine, da un profumo di mare quasi inesistente, da marciapiedi completamente invasi da sacchetti di ogni colore: verdi, gialli, neri, azzurri, rosa. Forse qualcuno si aspetta che si decompongano da soli. Una città completamente degradata, deturpata, imbruttita in prospettiva della stagione estiva che dovrebbe portare lavoro, attenuando cosi, quella crisi latente che colpisce il territorio. Una scelta, quella della differenziata, che avrebbe dovuto fomentare l’orgoglio della Sicilia, sempre considerata come una Terra al di fuori dalle consuetudini, vittima di una cultura retrograda, di un grattacapo congenito: la mafia, quel fuoco che arde di continuo senza mai placarsi. Una responsabilità che ricade non solo sull’amministrazione comunale, ma anche sulle ditte private che gestiscono i rifiuti, in quanto i dipendenti, non ricevendo stipendi ormai da mesi, sono indotti allo sciopero, alle manifestazioni pubbliche e all’occupazione delle piazze con i loro slogan di richiamo e difesa. Un grido disperato all’attenzione di un Governo, locale o nazionale che sia, indifferente alle problematiche di una Terra che merita di risplendere in tutta la sua magnificenza.  Dipendenti Aimeri, Piazza Duomo, Giarre. (CT) Dipendenti Aimeri, Piazza Duomo, Giarre. (CT)   Via Gioberti, Giarre. (CT)

 


 

È  TEMPO DI BILANCI

di Giuseppe Di Giovanni – 32 Like

E scivola via un altro anno di Serie A, un campionato sempre più povero di grandi nomi e sempre più ricco di giovani talenti, probabilmente destinati a migrare verso le nuove Paperopoli del calcio (Germania e Inghilterra in primis). Il campionato italiano non sarà più affascinante e poetico come qualche anno fa, ma rimane combattuto e vissuto intensamente fino all’ultimo istante. Si, l’ultimo istante. Chiedetelo a Mexes, che regala con una zampata il terzo posto al Milan, quando ormai tutto lasciava presagire un clamoroso sorpasso al foto finish della Fiorentina di Montella, icona di come si possa essere belli, e possibilmente vincenti nel futuro, evitando di spendere caterve di quattrini.

         

Su questa scia si conferma L’Udinese, fino a 2 mesi fa leggermente criticata per aver abbassato il tiro dopo due meravigliosi anni terminati ai preliminari di Champions, adesso nuovamente osannata dopo 8 vittorie nelle ultime 9 gare, 66 punti, l’ennesimo piazzamento in Europa e una miriade di giovani lanciati. Vedremo se adesso si deciderà di creare un monumento per Totò Di Natale e Francesco Guidolin, eterni trascinatori di questa fantastica macchina.
 
 

Mentre la Juve continua a stradominare in Italia ma non trova l’attaccante che potrebbe farla balzare fra le prime in Europa, mentre il Napoli si conferma tra le migliori squadre italiane ma rischia di perdere Mazzarri e Cavani in un colpo solo, mentre l’Inter chiude la stagione dei record negativi e si accinge a ricostruire da 0, mentre la Serie A perde il Palermo, squadra e città non meritevoli di abbandonare la categoria ma tartassate dalla follia del proprio presidente, un altro pezzo di storia del calcio Italiano viene scritto. Un calcio meno prestigioso e sempre pieno di veleni, ma che ci continua a tenere tutti, o quasi, incollati allo schermo televisivo.